[vc_row dfd_row_config=”full_width_content” dfd_bg_style=”image” dfd_parallax_style=”dfd_vertical_parallax” dfd_bg_image_new=”14296″ dfd_bg_image_repeat=”no-repeat”][vc_column][dfd_spacer screen_wide_resolution=”1280″ screen_wide_spacer_size=”200″ screen_normal_resolution=”1024″ screen_tablet_resolution=”800″ screen_mobile_resolution=”480″ screen_normal_spacer_size=”200″ screen_tablet_spacer_size=”140″ screen_mobile_spacer_size=”100″][dfd_heading enable_delimiter=”” style=”style_01″ title_font_options=”tag:h4|color:%23ffffff” subtitle_font_options=”tag:h3″]Alle origini de “Lo Scalco”

[/dfd_heading][dfd_spacer screen_wide_resolution=”1280″ screen_wide_spacer_size=”200″ screen_normal_resolution=”1024″ screen_tablet_resolution=”800″ screen_mobile_resolution=”480″ screen_normal_spacer_size=”200″ screen_tablet_spacer_size=”140″ screen_mobile_spacer_size=”100″][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][dfd_spacer screen_wide_resolution=”1280″ screen_wide_spacer_size=”40″ screen_normal_resolution=”1024″ screen_tablet_resolution=”800″ screen_mobile_resolution=”480″ screen_normal_spacer_size=”40″ screen_tablet_spacer_size=”30″ screen_mobile_spacer_size=”25″][vc_column_text]“Scalco” è un termine medioevale che deriva dal latino scalcus e significa servitore.

In età rinascimentale e barocca lo scalco era, più propriamente, il soprintendente alle cucine principesche e aristocratiche: spettava a lui selezionare e dirigere i cuochi e la servitù, provvedere alla mensa quotidiana del suo signore, con cui teneva personalmente i rapporti, rifornirne la dispensa, organizzare i banchetti nei minimi dettagli.

Lo scalco non va confuso né con il capocuoco, come molti credono, né con il trinciante, cioè con colui che disossava e affettava le carni cucinate.

Domenico Romoli, detto il Panunto, scalco tra i più noti dell’epoca, nella sua opera “La singolar dottrina” (1560) descrive così la mansione dello scalco: “figura primaria appartenente ad una condizione sociale abbastanza elevata, tale da consentirgli di conoscere le cose di cucina non meno che la vita di Corte o gli scrittori classici e moderni”.

Lo Scalco non era quindi un semplice servitore, anche se di rango elevato, ma un cortigiano: un gentiluomo per nascita o, più raramente, per meriti culinari. Per questo, a differenza dei cuochi, poteva vestire in modo ricercato, portare barba, baffi e parrucca.
Oltre ad avere autorità sul personale di tavola e cucina, lo scalco maggiore poteva spesso utilizzare i soldi del padrone per acquistare gli approvvigionamenti, disponendo al proposito di ingenti somme.

Nelle sue competenze c’era la preparazione delle complesse liste dei pranzi, tenendo conto del gusto di ciascuno degli invitati, del cerimoniale, della stagione, delle derrate alimentari disponibili e delle ricorrenze religiose. Egli decideva il contenuto del menu da presentare sulla mensa; ne era il responsabile e sovrintendeva ad ogni operazione che riguardasse i servizi; si accertava per tempo delle necessità e i bisogni della Corte.

Insomma lo scalco incarnava non solamente un ruolo di prestigio, ma addirittura diveniva in un certo senso la “mente del Principe” quando questi si approssima alla tavola.

Cristoforo Messi, meglio noto come Messisbugo, scalco ed amministratore presso la corte estense di primo Cinquecento, fu uno degli uomini che meglio seppe incarnare il ruolo dallo scalco maggiore, titolo spesso attribuito, insieme a funzioni rappresentative ed organizzative, quale premio di avanzamento sociale ai funzionari di Corte che si erano particolarmente distinti nello svolgimento delle proprie mansioni.

Altro scalco arcinoto, forse il più conosciuto, fu Antonio Latini, tra l’altro uno dei pochi nati con umili origini e capace solo per merito – e giuste frequentazioni – di elevarsi al rango di scalco al soli 28 anni. Prestò servizio in molte corti italiane fra cui quella del Cardinale Antonio Barberini.

Concluse degnamente la carriera a Napoli, alle dipendenze del reggente Esteban Carillo Salsedo. Qui crebbe la sua fama; qui fu insignito del titolo di cavaliere dello Speron d’oro; qui, negli ultimi anni della sua vita, compilò Lo scalco alla moderna, o vero l’arte di ben disporre i conviti, che diede alle stampe in due volumi tra il 1692 e il 1694

Nel volume sono descritte alcune delle principali ricette che hanno reso “cult” la cucina italiana attraverso i secoli.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row force_equal_height_columns=”main_row” mobile_destroy_equal_heights=”yes”][vc_column][vc_single_image image=”14295″ img_size=”full” alignment=”center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][dfd_spacer screen_wide_resolution=”1280″ screen_wide_spacer_size=”40″ screen_normal_resolution=”1024″ screen_tablet_resolution=”800″ screen_mobile_resolution=”480″ screen_normal_spacer_size=”40″ screen_tablet_spacer_size=”30″ screen_mobile_spacer_size=”25″][vc_column_text]

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